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166 tifosi granata che urlano “Enrico Enrico”, rendendo omaggio ad un tifoso del Venezia scomparso da poco tempo. Giusto il tempo che il coro si alzi nel cielo della Laguna, e dalla parte opposta ritorna l’applauso scrosciante dell’altra curva.

È un’eco che fa venire i brividi. Vallo a spiegare a qualcuno, in questo periodo storico di Salvinimania, cosa significhi lo sport.

Prova a spiegare come SudOvest e NordEst siano semplicemente entità geografiche e non luogo di diversità. 

O, almeno, siano luogo di diversità destinate ad arricchirsi e non ad odiarsi, non appena entrano in contatto. 

O prova a spigare a quel qualcuno come il calcio sappia diventare un cimitero immaginario, in cui seppellire l’idea che contino razze e dialetti. E non quel comune denominatore chimato passione e appartenenza. 

Chapeau ai nostri 166 e andiamo avanti.

Rimane da capire cosa portarci dietro e dentro di questa emozione, vissuta da noi in tv e da quella macchia granata sistemata nel settore ospiti dello stadio “Penzo”. 

Emozione in piena sintonia con l’atteggiamento delle undici maglie granata seguite in campo: quello che desideriamo sempre vedere. 

Attaccamento, volontà, determinazione, collaborazione, agonismo. 

È la prefazione per trattare un argomento scomodo e che solitamente dribblo volentieri: gli arbitraggi. E, si badi bene, preferisco dire “arbitraggi” e non “arbitri”. 

Differenza sottile ma sostanziale, perché se c’è da giudicare qualcosa, non sono gli uomini; semmai, le loro decisioni.

Ebbene: il fallo di mano di Caligara di domenica scorsa poteva e (probabilmente) doveva essere sanzionato con un calcio di rigore a favore del Trapani. 

Lo abbiamo aggiunto alla numerosa serie di torti che riteniamo di aver subito dall’inizio del campionato. “Fatevi sentire in Lega”, è uno dei commenti piu frequenti che leggo sui social, postati da parte degli indignati tifosi granata.

Una precisazione: mi sono incazzato anche io come una bestia, facendo un paio di considerazioni. 

Uno, nessuno mi toglie dalla testa che la stessa azione, nell’altra area, avrebbe indotto il direttore di gara a fischiare il rigore; 

due, ho pensato al penalty concesso al Perugia nel finale di partita contro il Trapani, e mi sono detto: “O sono rigori tutti e due o nessuno dei due lo è”. 

Insomma, viene da non darsi pace.
Poi, però, ho ripensato al passato. Da tifoso del Trapani, credo di aver dovuto ingoiare le due ingiustizie più clamorose mai viste in un campo di calcio. 

Nessuno di noi può dimenticare le reti concesse a Siena e Cesena nel primo anno di serie B, letteralmente inventate. Palloni che non avevano neanche lontanamente varcato la linea di porta, e che sono stati considerati gol. 

Gol che ci costarono punti e pezzi di fegato. Ancora oggi, facendo un giretto su Youtube, e andando a rivederli, si stenta a capire come si possano dare due gol di quel tipo, a maggior ragione in serie B. Da perdere il sonno la notte.

Eppure, ricordate quale fu la nostra reazione? 

È vero che non fossero tempi in cui ogni singolo punto in classifica rappresentava, come accade oggi, una bombola d’ossigeno: ma in ventiquattr’ore azzerammo tutto e ripartimmo. 

Non fu solo la squadra a ripartire, ma l’intero ambiente. Mancano 17 partite alla fine del campionato, e la tentazione di sentirci vittime di un complotto esiste. 

Si fanno i conti su quanti punti dovremmo avere in più, e se la penultima posizione in classifica sia meritata e rispecchi i valori visti in campo. Bene, io credo che questo atteggiamento non ci giovi. 

Credo, invece, che sia utile e funzionale per raggiungere i nostri obiettivi avere gli attributi e dimostrare ogni maledetta domenica (o sabato) che vogliamo salvarci, passando sopra a tutto e superando ogni difficoltà, anche di questo tipo.

È questo l’unico atteggiamento che paga. Il nostro guru è Fabrizio Castori: lasciamo a lui il compito di scegliere tempi e modi per lamentarsi. A noi il compito di credere nella rimonta, sostenere la squadra ed evitare forme di vittimismo, anche giustificabili e giustificate. Sarebbero solo un boomerang che si ritorcerebbe contro. 

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