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Ho conosciuto Pietro Basciano

Ho conosciuto Pietro Basciano nel mese di settembre del 2011. Arrivavamo dall’irripetibile sbornia della promozione in A2 ottenuta sul campo, in un’annata impossibile da raccontare per chi non l’abbia vissuta direttamente. Eravamo stati belli e dannati, avevamo conosciuto notti e giorni di un’incertezza e di un’emozione che ci porteremo dentro tutta la vita. In sostanza, eravamo quattro: Danilo Salfi (che s’inventò il biglietto a 5 euro dal martedì al sabato e 10 la domenica), Francesco Lima (uomo della proprietà che metteva toppe e idee ovunque), Andrea Burgarella (padre putativo di quel nugolo di persone che in qualche modo girava intorno e dentro quella società, giocatori e allenatori compresi), e il sottoscritto. 

Così, all’improvviso, quando arrivò il verdetto che ci escludeva dalla serie A2, si materializzò quell’uomo mai visto prima, che ci avrebbe fatto ricominciare daccapo. Una persona vulcanica (nella migliore accezione del termine) e visionaria. Che non aveva avuto precedenti approcci con la pallacanestro, ma che mostrava di voler mettere al servizio del club tutte le sue conoscenze imprenditoriali. Vero, saremmo ripartiti dalla serie C, ma ci sembrò quasi di sognare. Avevamo davanti un uomo innamorato di cosa stesse facendo: determinato ad emergere, con una precisa idea di sviluppo del club. Volle che le bambine e i bambini del minibasket potessero usufruire di lezioni gratuite di inglese, consegnò le chiavi della prima squadra a Francesco Lima, e immediatamente conquistò una visibilità e una popolarità straordinarie. Un anno di serie B e uno di C, prima della voglia  irrefrenabile di serie A, che lo indusse ad acquistare  il titolo da Scafati. Un periodo splendido, in cui lui, Pietro, ci ha consentito di riaffacciarci al grande basket. Lino Lardo, Giancarlo Ferrero, Andrea Renzi, Rob Lowery, Patric Baldassarre: sono solo alcuni dei nomi che scandirono il cosiddetto “Anno della Rinascita”. Quando Pietro ci restituì la serie A che ci eravamo sentiti ingiustamente scippata. a vantaggio di altre realtà che sicuramente non avevano i conti a posto più di noi.  E’ per questo e per tanto altro che coltivo un affetto profondo e sincero per Pietro Basciano. E’ vero, a volte è sorridente e altre scorbutico, alterna l’essere sognatore con il mostrarsi estremamente concreto. Ci ha, però, regalato, scorci di emotività spinta, ci ha fatto riassaporare una serie di sensazioni che credevamo essere definitivamente perdute nei meandri della nostra passione.

 Ricordo con un sorriso quando, durante il suo primo anno di sua  presidenza, gli giunse la proposta di candidarsi a sindaco di Trapani. Lui esitò, poi un giorno mi telefonò e disse: “Fabio, ho pochi giorni per decidere. Per favore prepara due lettere: una in cui accetto la proposta e un’altra in cui la rifiuto”. Così, per una settimana, in grande evidenza sul  mio desktop, c’erano due “file word”: uno chiamato “SI” e l’altro “NO”. Poi, sappiamo tutti come andò a finire: fu il “file word” denominato “NO” che mi chiese di inviare.

Pietro Basciano è  un personaggio discusso e discutibile: nessuno potrà mai capire fin dove arrivino le colpe del club e dove quelle della nostra apatia, per la disaffezione verso la squadra e il vertiginoso calo del numero di spettatori. Di sicuro, però, è  una persona che ha dato tanto alla città e creato anche le condizioni perché i nostri figli potessero fare attività sportiva. Per questa e tante altre ragioni (leggasi, ad esempio, rendere dignitoso il Palailio), credo che tutti gli dobbiamo un “grazie”. E che sapere come il suo contributo per la Pallacanestro Trapani non possa essere più quello di prima non deve spingerci a nessun sentimento negativo. La drammatica dipartita di Gregory Bongiorno ha accentuato il momento di difficoltà economica, ammesso a denti stretti anche da Nicolò Basciano, rimasto l’avamposto della famiglia all’interno della società. Nessuno di noi sa se dietro le sue parole (“dovremo sederci e ragionare sull’opportunità di continuare o meno”) ci sia una vera speranza o se la strada verso la prosecuzione  della vita della Pallacanestro Trapani sia una totale incognita. Di certo, suona quasi come una beffa che, proprio adesso, la passione della città si sia riaccesa come ai vecchi tempi e questa squadra sia capace di solleticare e sollecitare fantasie disperse da tempo. E’, comunque, il viatico migliore per crederci ancora. Per sperare che non sia finito qui il cammino in serie A. Incrociamo le dita.