Si è letto e detto di tutto intorno alle questioni societarie che animano il dibattito intorno alla possibile rinascita del Trapani sotto… altre spoglie. Le settimane a venire potrebbero essere decisive in ordine all’acquisizione del Dattilo da parte del finanziere De Picciotto.
Senza Trapani è dura. È duro aver toccato con mano cosa significhi dover rinunciare a una passione, sottrarsi al senso di un amore che resiste negli anni e non si tradisce mai.
Al di là della condivisione di sentimenti così diffusi, non c’è dubbio che il problema maggiore riguardi il futuro. Cosa farcene di questa passione? Come capitalizzarla? Come dare senso a questa sofferenza? Guardiamo un attimo il passato recente: l’imperdonabile nostra colpa, come città intera, è non aver preso atto per tempo di cosa stesse accadendo.
C’è un compito di vigilanza etica e concreta che ogni città (istituzioni, stampa, tifosi) dovrebbero svolgere senza esitare un attimo. Quel che stava accadendo era sotto gli occhi di tutti. Già dal mese di gennaio scorso era chiaro che il Trapani, inteso come società, fosse in mano ad una proprietà che lo aveva posto su un piano inclinato, una discesa senza fine. Eppure, la nostra indolenza ci ha condotto ad un irresponsabile immobilismo, da cui non abbiamo avuto mai capacità di staccarci. Nessuno di noi può chiamarsi fuori. Abbiamo avuto necessità finanche di ospitare con tutti gli onori nella nostra casa comunale chi ci stava conducendo alla scomparsa, prima di renderci conto di cosa stesse accadendo. Follia. Un suicidio perfetto. Se è vero come è vero che sul passato non c’è alcun margine di intervento, adesso non ci rimane che capire cosa farcene con tutto questo.
Abbiamo davanti a noi un autobus da prendere al volo. Non era scritto in nessun posto che un imprenditore facoltoso e ben disposto come Renè De Picciotto dovesse informarsi e mostrare un interesse così spiccato per Trapani e il Trapani. La soluzione del “Trapani ai trapanesi” è ricca di fascino e suscita un inevitabile rigurgito di romanticismo. Anzi, a dirla proprio tutta, se esistono le condizioni affinché questa ipotesi possa tradursi in realtà, ben venga questa possibilità. C’è, però, l’esigenza di capire con molta chiarezza e velocemente se sia una possibilità concreta o se sia destinata a rimanere un desiderio. Per capirlo, quindi, non è più tempo di rimandare alle calende greche una presa di posizione chiara e metta davanti la città. E rimanendo in una zona grigia, in cui nessuno sa cosa e quando fare qualcosa, il rischio è vedersi sfuggire dalle mani la prospettiva che De Picciotto rilanci il calcio a Trapani in maniera seria.
Nel recente passato, di fronte ai nomi che si sono succeduti, tutti con volontà presunte o reali di rilevare il Trapani, ognuno di noi ha fatto una cosa semplicissima: digitare il nome sui Google e vedere cosa ne veniva fuori.
Il quadro era desolante e ci siamo accollati qualunque cosa pur di continuare a vedere le maglie granata su un prato verde.
Oggi, facendo la stessa operazione, ci accorgiamo facilmente dello spessore di De Picciotto e delle potenzialità che potrebbe esprimere il Trapani nel caso di un suo arrivo.
Eppure, nonostante questo, ancora cincischiano. Ancora la città non prende una posizione netta, a proteggere i propri interessi. Invece, di esprimere tutti i favori nei confronti di un investitore solido e serio, siamo ancora qui a fare melina. È come se avessimo deciso di non capitalizzare affatto tutti gli errori marchiani commessi nell’ultimo periodo, che pure ci hanno condotto al nulla assoluto.
Sinceramente, non capisco. Non capisco né quali siano i dubbi, né, tantomeno, cosa stiamo attendendo per lanciare un segnale chiaro a questa nuova potenziale proprietà.
Dopo aver messo tappeti rossi e consentito ad altri che si appropriassero della nostra passione e la mortificassero, oggi non sembriamo in grado, dal sindaco in giù, passando per la stampa, la tifoseria e l’intera città, di prendere una posizione netta e chiara. Che poi, questo passaggio avvenga attraverso il Dattilo o il bando che verrà pubblicato dal sindaco in caso di fallimento del Trapani, si vedrà. Ma noi cosa stiamo aspettando?