Costoro sono rimasti quest’anno senza la propria squadra e dunque frastornati, disorientati e delusi da vicende, legate alle proprietà Petroni e Pellino, che definire surreali è davvero un eufemismo.
Proprio il Dattilo è però al centro di almeno due possibili trattative d’acquisto, che, se concretizzate, potrebbero portare alla rinascita dei colori granata cittadini.
Un interesse che, al momento in cui scriviamo, non si è ancora tramutato in una offerta concreta è stato manifestato alla dirigenza pacecota da parte di un gruppo di imprenditori locali, fra i quali Andrea Bulgarella, che attraverso il Comitato “c’è chi il Trapani lo ama”sta valutando la possibilità di fare nascere finalmente un Trapani “dei trapanesi”.
L’altra, più concreta, perché si è già tramutata in una formale offerta d’acquisto, è stata proposta dal finanziere italiano (ma residente tra la Svizzera e la Puglia) Renato Picciotto (alias Renè De Picciotto), che lo sbirro 18 Ottobre è stato presente al Provinciale in occasione della gara interna della formazione pacecota contro il Roccella.
L’offerta prevede la cessione del 51% delle quote societarie del Dattilo con il pagamento immediato di 250.000,00 euro.
Al momento in cui andiamo in stampa non sappiamo se l’offerta di De Picciotto sia stata accettata dai soci del Dattilo.
In ogni caso, l’idea di De Picciotto (ma anche, a dire il vero, del pool di imprenditori locali aggregati dal
Comitato e di cui fa parte Andrea Bulgarella) è quella, una volta acquisita la maggioranza delle quote, di rafforzare immediatamente la squadra, tentando di conseguire subito la promozione in serie C e la prossima stagione, se non già quest’anno (qualora fosse possibile), cambiare la denominazione sociale in “Trapani”, tornando ad indossare i colori granata.
Dunque, in attesa degli annunci ufficiali, all’interno della realtà calcistica cittadina si profilano adesso due possibili opzioni per la rinascita del Trapani e del ritorno all’adozione degli storici colori granata.
Sia l’una che l’altra ipotesi, a mio avviso, non solo sono in astratto possibili ma ambedue, sia pure per strade diverse, possono realizzare il sogno della rinascita, in cui il Trapani possa finalmente dirsi “di tutti”, perché in grado di rappresentare le aspettative e gli interessi non solo dei suoi nuovi proprietari ma anche dell’intera tifoseria.
In un caso, perché si potrebbe creare finalmente un team di imprenditori locali, legati al territorio ed in grado di dare continuità ad un progetto calcistico finalmente tutto trapanese, al riparo da avventurieri e profittatori venuti da fuori.
Non così, però, se in ambito locale si finisse col ricadere nella situazione dell'”uomo solo al comando”, vista l’insufficienza, se non l’esiguità di risorse finanziarie, che un solo imprenditore trapanese sarebbe in grado di assicurare e viste le esperienze del passato, che non hanno mai premiato questa formula, proprio sul piano della continuità nel tempo e della solidità finanziaria.
L’ “uomo solo al comando” invece avrebbe un senso, qualora il nuovo proprietario palesasse numeri finanziari adeguati ed una condizione di piena solidità delle sue attività imprenditoriali.
Ciò rimanda di necessità a nuove figure “forestiere” e sembra attagliarsi perfettamente a quella di Renè De Picciotto, i cui numeri ed il cui stato di salute aziendale non è nemmeno minimamente paragonabile a quelli di qualsiasi imprenditore locale o a quelli dei vari De Simone, Petroni e Pellino, artefici della morte del Trapani calcio.
Ben superiore anche ai numeri di Vittorio Morace, che, all’epoca, poteva contare sui proventi derivanti della sua ben avviata compagnia di navigazione.
Solo con l’arrivo di un finanziere affermato in campo internazionale, come De Picciotto, l’ipotesi principale, a me cara, del “Trapani ai trapanesi” potrebbe essere messa in cantina, proprio per l’enorme diversità delle risorse investibili nell’operazione.
Ma fino ad un certo punto, a mio avviso.
Intanto, perchè al momento non siamo in grado di conoscere i termini dell’impegno di De Picciotto proprio sul piano temporale (oggi c’è e domani?).
Per superare tale problema ed anche perché sarebbe utile per lo stesso potenziale neopropietario, si potrebbe costruire, quando poi giungerà il momento, un CdA che sia espressione anche delle migliori forze economiche e delle professionalità trapanesi, indipendentemente dal fatto che queste ultime acquistino o men una parte delle quote societarie.
In tal modo, infatti, si otterrebbe l’effetto di legare la guida della nuova società al territorio, mantenendo uno stretto cordone fra la proprietà (forestiera) e l’organo amministrativo (locale, in tutto o in parte).
In secondo luogo, per non disperdere tutto il lavoro svolto in questi ultimi mesi dai tifosi, che, dopo decenni di immobilismo, si sono di recente organizzati in un Comitato per tentare di salvare i colori granata da una fine ingloriosa, tutto ciò varrebbe anche, a mio avviso, ad assegnare proprio ai tifosi uno spazio nella nuova società, in una qualsiasi forma, eventualmente da studiare.
Oppure, permetterebbe loro di contare su di uno o più interlocutori diretti, presenti ed operanti sul territorio, che ne sappiano comprendere aspettative e necessità, portandole, se del caso, sul tavolo del CdA.
Sarebbe bello se una prospettiva del genere potesse realmente realizzarsi.
Di più difficile realizzazione mi sembra invece l’altra ipotesi, tratteggiata dallo stesso De Picciotto, di attendere un paio di mesi per ricevere dalle mani del Sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, il titolo sportivo del Trapani calcio srl, riiscrivendolo in un campionato dilettantistico, che ad oggi non è affatto scontato possa essere la serie D.
Ciò perché, intanto, bisognerebbe che l’attuale società granata sopravvivesse alle varie istanze di fallimento, pendenti a suo carico (e non sappiamo se ciò accadrà) e poi che l’attuale proprietà, che fa capo a Pellino, decidesse di cedere a costo zero al Sindaco ciò che resta della sua società, dichiarando il suo più totale disimpegno (ed anche in questo caso non sappiamo quando e se ciò accadrà).