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Un’occasione per diventare “grandi” clamorosamente sprecata

Un sigillo all’esaltante momento della stagione che non si è saputo apporre. Una costante che, purtroppo, si ripete ancora una volta.

Quanto accaduto domenica scorsa con Bergamo, infatti, fa il paio con la sconfitta interna di due stagioni fa con Cagliari. Se lo ricorderà bene coach Parente, in quell’occasione vice di Ducarello, quando, reduci da cinque vittorie di fila, i granata vennero sconfitti in casa dai sardi, allo stesso modo che con Bergamo.

36 a 17 con Cagliari,  34 a 18 con Bergamo, dopo il primo quarto; 44 a 38 contro gli isolani e 43 a 39 contro gli orobici al riposo lungo, prima della sconfitta finale di 6, maturata in entrambe le gare.

Corsi e ricorsi della storia della Pall. Trapani, in una ennesima prova di maturità mancata, proprio nel momento meno opportuno, quando meno te lo aspetti, quando saresti chiamato a dare più gas al motore per alimentare l’esaltazione collettiva e compiere il passo decisivo.

La delusione per la sconfitta interna con Bergamo, cenerentola del campionato e che non aveva mai vinto in trasferta, è cocente. Passa sì, per la mancata conquista dei due punti che sarebbero stati fondamentali per la conquista dei play off ma soprattutto smorza gli entusiasmi che i recenti successi, otto vittorie nelle ultime nove gare e la potenziale concretizzazione della “manita”, avevano fatto riaffiorare nella tifoseria granata. Ed è questo il maggior rammarico.

Trapani, innanzitutto, deve recitare il mea culpa per un’inattesa sconfitta interna che, grazie ad un 6/6, ormai mancava da novembre dello scorso anno. Demerito suo se ha consentito agli avversari, subissati di canestri nel primo quarto, di rientrare nel match.

A smarrirsi, la 2B Control, è stata soprattutto in attacco nel secondo quarto (appena 9 punti all’attivo), senza cinismo alcuno, anzi, a tratti, alla ricerca di “pura accademia”, smettendo poi di difendere e finendo progressivamente per perdere di fiducia e  tranquillità. Determinandola, invece, nell’avversario di turno.

L’augurio è che la sconfitta possa essere fine a se stessa e non rappresenti un campanello di allarme rispetto al fatto che possa incominciare a scarseggiare la benzina, per via delle energie spese, proprio sul più bello.

Certamente, con Bergamo, la gestione falli, in particolare di quelli del play Palermo, metronomo della squadra, ha influito non poco, mentre rimarrà il dubbio se il tirar fuori Renzi (congiuntamente a Corbett), evidentemente con l’intento di farlo rifiatare, nel momento di maggiore esaltazione offensiva del capitano granata, alla fine si sia in qualche modo pagato.

Dopo essere uscita dal match, Trapani ha avuto le fiammate giuste per rientrarvi, recuperando prima un -11nel corso del terzo quarto e poi un -9 nel corso del quarto periodo, grazie ad una difesa aggressiva. Ma non è bastato.

C’è soprattutto rabbia perché il coach granata, in settimana, conoscendo bene i suoi “polli”, aveva cercato di tenere alta la tensione. Ma anche questo non è bastato.  

Adesso non resta che rituffarsi nel campionato, ripartendo dal gran girone di ritorno che, in ogni caso, si sta disputando.

Domenica sarà la volta del match con un avversario diretto Rieti, battuto di 11 all’andata a Trapani, in striscia vincente in casa (7/7). Poi, cercare l’esaltazione nell’ultima gara della fase regolare, al PalaConad, con la capolista Torino, prima dell’inedita fase ad orologio che porterà ad incrociarsi con le formazioni del girone Est.

I numeri di Rieti

Coach Alessandro Rossi ormai è una garanzia, abituando la sua tifoseria a posizioni di classifica che contano, ormai continuativamente da un biennio. 

Diretta conseguenza di un basket improntato alla difesa esasperata. Meticolosa applicazione quindi nella propria metà campo, difese dure e tattiche e, naturalmente, gioco per lo più controllato ma lampi di transizione quando le circostanze lo permettono. Il roster. 

La regia è nelle mani dell’esperto playmaker, ex Scafati e Brescia (tra le tante), Marco Passera (1982) che è l’uomo che garantisce equilibrio e fosforo sul parquet. Le sue cifre: 6.5 p.ti, 4.1 falli subiti, 3.7 rimbalzi e ben 4.1 assist negli oltre 27’ di utilizzo medio. Distributore di geometrie e di gioco, fatica però da due (43% in stagione) mentre da fuori finora conclude con il 31% da tre (non la specialità della casa), anche se va detto che tira poco, prediligendo giocare per la squadra. Insolitamente male ai liberi, con un migliorabile 64%. Più intraprendente delle passate stagioni. 

Poi troviamo la guardia, ex Tortona e Biella, Francesco Stefanelli (1995) che ha doti da attaccante puro e, non a caso, è stato MVP della Coppa Italia di due anni fa, vinta da protagonista. Poi un brutto infortunio lo ha tenuto a lungo fuori ma la sua stagione e le sue statistiche sono più che buone, come dimostra la quasi doppia cifra di media. Va a referto con 9.6 p.ti (42% da due), 2.5 falli subiti, 2.5 assist e 3.1 rimbalzi a match. Tira prevalentemente dai 6.75 (con un eccellente 41% su oltre 4 conclusioni per volta) mentre non ama troppo giocare uno contro uno e, da lì, i pochi viaggi in lunetta dove tira stranamente male (59% in stagione).

Non c’è più lo statunitense Elijah Brown (che giocava “due-tre”) ma il play-guardia, sempre U.S.A., di passaporto italiano, Anthony Joseph Raffa (1989) che è un usato garantito, poiché ha alle spalle, oltre le esotiche esperienze in Iran e Qatar, anche le stagioni italiane con la Virtus Roma, Orzinuovi e Legnano. La sua innata leadership, così come la qualità delle sue giocate, sono ossigeno puro al servizio della squadra. 

Sta dimostrando di essere molto abile, tanto nel crearsi un tiro dal nulla quanto nel giocare per i compagni. Ecco i suoi numeri stagionali: 16.6 p.ti (54% da due), 3.8 falli subiti, 4.5 rimbalzi e ben 3.4 assist per partita. Le percentuali sono in calo da tre, con il 31%. 

Non è certo un timido e durante il match si fa carico di tante iniziative (quasi 13 tentativi di media dal campo). Qualche neo? 

Ogni tanto qualche persa di troppo. Sia “quattro” che “cinque” l’ex Agrigento Jalen Cannon (1993) che sta viaggiando a ritmo da MVP. I centimetri non sono tanti ma sopperisce con una disarmante forza fisica, garantendo al proprio staff tecnico una versatilità e duttilità che si rivelano davvero preziose nello scacchiere di Rieti. 

Mette a referto 19.6 p.ti (59% da due) e ben 7.3 rimbalzi per partita. La conoscenza del gioco lo porta ad essere anche un importante supporto per i compagni (quasi 2 assist di media), risultando al contempo pericoloso in post basso (4.8 falli subiti a match). Non solo muscoli in sostanza, ma anche buonissima tecnica individuale. Non esce mai dal campo, con oltre 35’ di media. Ogni tanto ci prova anche dai 6.75, con buone fortune (37% in stagione). Tira più del passato, con quasi 13 conclusioni ad uscita. Che stagione finora! 

Il pivot è l’ex Biella, del 1995, Giovanni Vildera che si è meritatamente guadagnato (arrivando “in corsa” la stagione passata) il ruolo di lungo titolare con quasi 27’ di utilizzo medio sul parquet. 

Sa farsi trovare pronto quando viene chiamato in causa, rivelandosi pedina preziosa ed insostituibile per il proprio staff tecnico. Contribuisce con 10.1 p.ti (49% da due), 2.2 falli subiti e 6.4 rimbalzi ad allacciata di scarpe. Rivedibile il 58% dalla lunetta. Forse non bellissimo da “vedere” ma tremendamente solido! 

Prezioso poi il ruolo dell’ex Latina Andrea Pastore (1994), che è una guardia particolarmente estrosa che ama forzare da tre e distribuire assist di notevole coefficiente di difficoltà. Nei quasi 20’ di campo incide non poco, nonostante stia tirando male dalla distanza (32% da tre), specialità che usa con continuità. Entra di rado in area colorata ed, in generale, scrive a referto 6.4 p.ti, 1.6 falli subiti, 1.7 rimbalzi e 1.5 assist di media. Sotto tono. 

Spazio anche per l’ala-pivot del 1996, ex Bergamo, Dario Zucca che è cresciuto alla Reyer Venezia. È un lungo futuribile (con buone mani) che, nei minuti di campo (quasi 14’), porta in dote buoni numeri per la causa: 4.6 p.ti (un eccellente 59% da due) e 3.1 rimbalzi a match. Da tre tira poco, con brutti dividendi al momento (22% in stagione). Disastroso il 54% dalla lunetta (dove però va di rado). 

Dalle rotazioni arriva poi il playmaker Carlo Fumagalli (1996) che è un prodotto del vivaio dell’Olimpia Milano, con cui ha vinto negli anni due titoli nazionali giovanili. Alle spalle anche due stagioni in doppia cifra in B (Desio e Faenza). Energia, fisicità e grande pressione sulla palla il suo biglietto da visita. Per lui 13’ di campo, con 2.5 p.ti, 1.6 rimbalzi, quasi 1 assist e percentuali in caduta libera (33% da due, 25% da tre ed il 50% ai liberi). 

Ha letteralmente scalato le gerarchie ed ormai è un titolare aggiunto (oltre 18’ a match) l’ala del 2001 Niccolò Filoni, capitano della nazionale italiana Under 18 ed ex Bassano (C Gold) tra i grandi. Buon apporto, con 3.7 p.ti (52% da due) e 2.7 rimbalzi ad uscita. Poca fiducia dalla distanza, dove tira poco e male (18% dai 6.75). 

Spazio infine (poco più di 6’ di media) anche per l’ala del 1999 Aleksa Nikolic, nato a Belgrado e già visto a Treviso. Buone mani per lui, soprattutto da oltre l’arco dei 6.75. Finora non ha inciso.

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