Rieccoci. Siamo sempre noi, quelli dei quattro anni di Serie B vissuti con entusiasmo e partecipazione. Quelli capaci con una squadra costruita per una tranquilla salvezza di sfiorare persino la Serie A. Quelli giunti ad un gol dalla Serie A per dirla tutta. Quelli dell’amara e sfortunata retrocessione al termine di una stagione balorda.
Ci sono tante storie, e tanti volti, dietro a questo incredibile campionato del Trapani. L’ennesimo caso di una squadra partita senza velleità dopo un’estate difficile, in un girone che doveva essere “di ferro”, che però riesce a far gruppo attorno al suo allenatore e al suo diesse al punto di trovarsi davanti adesso l’occasione di una vita.
Una clamorosa promozione da giocarsi sotto gli occhi dei suoi tifosi in una calda serata di giugno. Questa finale è il successo di tutti, ma soprattutto di Italiano (in foto, durante il riscaldamento prepartita al “Garilli”) che ha saputo pilotare fin qui la sua squadra con sicurezza, creatività e determinazione. E tanto, tanto lavoro e fame di gloria. Nel calcio sono tanti i luoghi comuni e le banalità. Di una cosa però non si può dubitare di solito. Le fortune di una squadra dipendono sempre dalla società.
Questo Trapani ha smentito anche questo. Perché a Trapani per ora di società vera non ne abbiamo più nemmeno l’ombra, eppure siamo lì a cercare di realizzare nuovamente il sogno B. Forse siamo l’eccezione che conferma la regola. Almeno vorremmo fortemente diventarlo dopo la prossima partita.
E così ci siamo, si gioca la finale di ritorno dei playoff. Che dopo lo 0- 0 dell’andata è divenuta quella decisiva. Tutto in una notte, con il rischio concreto di dover disputare eventuali supplementari e addirittura i rigori. I deboli di cuore ci pensino bene prima di imbarcarsi per questa avventura al Provinciale. Comunque vada le emozioni saranno forti, di quelle che non dimentichi per una vita intera.
Trapani-Piacenza è una sfida dai mille significati, con due facce ben distinte della stessa medaglia. Serve a Italiano per cominciare a far parlare di sé nel calcio che conta anche come allenatore, dopo una più che valida carriera di calciatore; ai giocatori per rilanciarsi, alcuni, o assicurarsi, altri, un sicuro avanzamento professionale. Ma serve soprattutto ai tifosi e alla città per quantomeno sperare di garantirsi un futuro per la propria squadra del cuore. Un futuro che al momento è purtroppo fortemente a rischio, diciamo pure nebuloso. Insomma, una serie di condizioni, diciamo così, da tutelare.
Differente, completamente opposto, il discorso che riguarda invece il Piacenza, che a questa finale chiede di certificare il suo ritorno ai livelli calcistici più alti dopo diverse stagioni di oblio e fallimenti. Pur comprendendo le smanie di B anche dei piacentini, ci permettiamo di dire che, con la ritrovata stabilità societaria attuale, il Piacenza oggi o domani la sua scalata la completerà lo stesso. Il Trapani, invece, insieme ai suoi tifosi gioca per la sopravvivenza, vera e propria. Se dovessimo andare in Serie B la maglia granata diventerebbe ben più appetibile per eventuali nuovi investitori. Rischieremmo sempre di non poterci iscrivere, ma almeno avremo tenuta accesa fino alla fine la fiammella della speranza. La permanenza in Serie C, al contrario, toglierebbe appeal e allora trovare una soluzione all’altezza per l’attuale “governance” diverrebbe impresa ardua.
Chi vivrà, vedrà, disse qualcuno più famoso di noi.
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