Il quinto giro sul luna park della serie B si preannuncia come un’avventura straordinaria.
Ci portiamo dietro un patrimonio emotivo inestimabile, ereditato dallo scorso anno. Un concentrato di emozioni che ha arricchito il nostro senso di appartenenza, lo ha ingigantito al punto da farci sentire un’anima sola e un corpo unico con la squadra.
Uno stato d’animo che ancora non si sopisce, che rimbomba dentro le nostre orecchie e alimenta i nostri sentimenti.
La sconfitta di Ascoli è già in archivio, con tutti gli annessi e i connessi. È stata la prima amarezza dell’anno e tutti sappiamo che quello sfortunato scivolone di Luperini ha rotto l’equilibrio di una partita già finita. È il calcio, si dice in questi casi.
Sarà banale, ma è la frase che riassume al meglio l’imprevedibilità del gioco.
Adesso, siamo alla ricerca delle istruzioni per l’uso per affrontare questa stagione.
Della serie B, abbiamo imparato alcune cose.
Provo a snocciolarle, un po’ a casaccio:
Prima: è un campionato lungo, quasi infinito (anche se adesso è a 20 e non a 22 squadre come nelle nostre quattro precedenti esperienze);
seconda: nell’arco della stagione, capita di inanellare una serie di gare senza vittoria. Così come capita di mettere insieme una serie di risultati utili consecutivi. Bene, in nessuna di queste due circostanze, l’emotività deve prevalere sulla capacità di tenere i piedi a terra;
terza, non esiste mai partita scontata. La serie B è il campionato più bello, perché l’ultima può sempre vincere in casa della prima e nessuno rimane più sorpreso di tanto, quando accade una cosa del genere;
quarta: di conseguenza il grande segreto è provare a mantenere costanza nei risultati, a dare continuità. Tre vittorie di fila ti portano in zona playoff, tre sconfitte di seguito ti fanno guardare la classifica dal basso. Mai perdere la bussola, meglio fidarsi solo del proprio lavoro di se stessi;
quinta: le partite non finiscono mai. In casa e fuori, negli ultimi dieci minuti c’è sempre la possibilità di aggiustare o rovinare i novanta minuti. L’alta qualità degli attaccanti fa sì che una piccola distrazione difensiva possa diventare letale in ogni momento. A maggior ragione quando le squadre sono stanche e un po’ più lunghe;
sesta: i singoli non vincono niente. Quante prime donne abbiamo visto passare quasi inosservate, anche in formazioni blasonate, senza che riuscissero ad incidere sul corso delle gare?
Potremmo fare tantissimi nomi. Tolto il Palermo del primo anno di cadetteria (che esprimeva fisicità e talento da serie A, basta guardare la rosa di quel gruppo), non abbiamo mai visto una squadra dominare sulla forza della qualità dei singoli. Per raggiungere il proprio obiettivo, ogni squadra deve trovare un alto senso di collaborazione.
Ricordate il Trapani del girone d’andata dell’anno in cui siamo retrocessi? Forse, dal punto di vista qualitativo, è il miglior Trapani di sempre. Poi, nel girone d’andata, con un gruppo decisamente meno talentuoso, stavamo per salvarci. Deve essere una lezione da non dimenticare.
Nel momento in cui andiamo in stampa, non conosciamo ufficialità sui nuovi arrivi e sulla definitiva configurazione del Trapani.
Sicuramente il 2 settembre avremo un Trapani diverso da quello che ha esordito ad Ascoli: probabilmente, più completo. Si era partiti con l’idea di costruire un gruppo che proseguisse in scia dello splendido lavoro dello scorso anno. Conferma dello zoccolo duro dell’undici titolare, nuovo allenatore esordiente, stesso modulo di gioco, volontà di anteporre i valori morali e di collaborazione a tutto il resto.
Nella speranza (legittima e fondata) di coltivare la stessa empatia con un ambiente che negli ultimi messi della stagione passata si è prima fatto trascinare dalla squadra e le ha poi regalato una dosa supplementare di energia. L’idea è condivisibile ed è peraltro una strada che la nuova proprietà ha scelto, dimostrando intelligenza.
Le difficoltà di riportare Costa Ferreira in maglia granata e gli infortuni di Corapi ed Evacuo ci hanno subito dimostrato come, nell’ambito di un progetto che voleva conservare certe caratteristiche (e certamente le conserva) bisogna essere capaci di rigenerarsi e di reinventarsi sempre.
È un concetto che vale dal punti di vista tecnico e tattico; e alla stessa maniera dal punti di vista emozionale.
Sabato sera, quando entreremo alo stadio, ci sembrerà di avere in mano un filo ideale che legherà la nostra memoria alla notte della finale contro il Piacenza e alla prima notte di Coppa Italia di questa stagione, contro la stessa formazione emiliana.
Credo che la capacità di dare una mano a questi ragazzi sarà, da parte nostra, sarà sì saper regalare loro lo stesso entusiasmo. Ma ricordandosi che tutto sarà diverso. Probabilmente, più difficile.
Al quinto anno di luna park, dovremmo aver ormai imparato che è un’avventura bellissima, ma piena zeppa anche di pericoli.